La Corte di Appello ha confermato la sentenza del GUP con cui, all’esito di giudizio abbreviato, l’imputato veniva dichiarato responsabile del reato previsto dall’art. 589 cod. pen. poiché, in qualità di committente del lavori di ristrutturazione del tetto di un fabbricato, per colpa consistita nell’inosservanza delle norme in materia di sicurezza sul lavoro di seguito specificate, concorreva a cagionare la morte della persona offesa, la quale scivolava da una scala in ferro sul luogo di esecuzione dei predetti lavori rovinando al suolo; in particolare in violazione dell’art. 90 comma 9 lett. a) D. L.vo n. 81/2008, poiché si avvaleva di soggetto privo dei requisiti tecnico professionali per portare a termine quanto pattuito, nonché in violazione dell’art.113 comma 3 lett, b), comma 5 e 6 lett. d), posto che la scala da cui cadeva la vittima era priva dei ganci di trattenuta alle estremità superiori e di sistemi antisdrucciolo, non era legata a parte stabile al fine di impedirne lo sbandamento laterale e, di conseguenza, la caduta, oltre ad essere lunga mt. 3,80 circa e dunque non sporgente almeno un metro oltre il piano da raggiungere.

La Corte di legittimità, assimilando il rapporto di lavoro intercorrente tra le parti al contratto di appalto, ribadisce il principio secondo il quale “è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del lavoratore il committente che affida lavori edili in economia ad un lavoratore autonomo di non verificata professionalità”. E, ancora, “in un caso con molte similitudini con quello che ci occupa, è stato ribadito che il committente ha l’obbligo di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati (così Sez. 3, n. 35185 del 26/4/2016, Marangio, Rv. 267744 in relazione alla morte di un lavoratore edile precipitato al suolo dall’alto della copertura di un fabbricato, nella quale è stata ritenuta la responsabilità per il reato di omicidio colposo dei committenti, che, pur in presenza di una situazione oggettivamente pericolosa, si erano rivolti ad un artigiano, ben sapendo che questi non era dotato di una struttura organizzativa di impresa, che gli consentisse di lavorare in sicurezza).”

Quanto al caso di specie, la Corte afferma che sarebbe stato onere del committente, conformemente a quanto sancito dall’art. 26 comma 1 lett. a) n. 1 e 2 Dlgs 81/2008, appurare, in primo luogo, se la vittima avesse effettivamente le competenze tecniche per eseguire le opere convenute, con conseguente violazione dell’art. 90, co 9 lett. a) del Dlgs. 81/2008, ai sensi del quale “Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di progettazione dell’opera, nell’esecuzione del progetto e nell’organizzazione delle operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all’articolo 15.”, in particolare: “9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad o ad un lavoratore autonomo: a) verifica l’idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatane, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalità di cui all’allegato XVII)”;

Cass.Pen., Sez. IV, 18 giugno 2019, n. 26898