La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena e, per il resto, confermato la declaratoria di responsabilità degli imputati per il reato di omicidio colposo aggravato per la violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Sulla base della ricostruzione operata in sede di merito, il fatto può essere sintetizzato come segue. La mattina dell’infortunio la vittima, autista dipendente della Truciolo S.r.l., raggiungeva insieme al collega lo stabilimento della ditta Stilsedia, presso il quale doveva svuotare il silos contenente trucioli di legno.

Gli operai posizionavano il cassone del camion sotto l’imbocco del silos, che conteneva il materiale di scarto della lavorazione del legno che, attraverso due botole quadrate situate all’estremità inferiore, veniva raccolto direttamente per essere poi trasportato fino allo stabilimento della ditta Truciolo, dove veniva riciclato nella produzione di pallet.

La vittima si trovava all’interno del cassone quando veniva travolto dalla repentina caduta del materiale, da cui rimaneva schiacciato e completamente sepolto, con conseguente decesso per asfissia meccanica violenta da soffocazione indiretta.

La Corte territoriale, sulla base di quanto processualmente emerso, ha addebitato al committente, e al datore di lavoro, condotte di cooperazione colposa causative dell’evento, per non avere adempiuto all’onere di informazione sui rischi specifici dell’ambiente di lavoro e per non aver promosso e realizzato la cooperazione e il coordinamento fra le rispettive ditte per l’attuazione delle misure di prevenzione dai rischi dell’attività data in appalto e dai rischi interferenziali.

In particolare, al committente è stato addebitato di non aver messo a disposizione attrezzature sicure e di non aver redatto il d.u.v.r.i. per la valutazione dei rischi interferenziali; mentre al datore di lavoro di non aver fornito ai lavoratori una adeguata e specifica formazione e di non avere messo a disposizione degli stessi adeguati strumenti di lavoro.

Ebbene, la Corte di legittimità, rileva che al committente è stato correttamente addebitato non soltanto il mancato adeguamento del silos, sprovvisto di sistemi di svuotamento automatici, ma anche e soprattutto di aver omesso di coordinarsi con l’azienda appaltatrice e di non aver redatto il d.u.v.r.i., tenuto conto del rischio interferenziale comunque sussistente in relazione alla struttura in questione.

Sul punto, in merito alla nozione di interferenza tra impresa appaltante e impresa appaltatrice, il Collegio osserva che “non può ridursi, ai fini dell’individuazione di responsabilità colpose, al riferimento alle sole circostanze che riguardino “contatti rischiosi” tra il personale delle diverse imprese, ma deve necessariamente ricomprendere anche tutte quelle attività preventive poste in essere nella fase antecedente ai contatti rischiosi.”

Si rileva altresì, che ai sensi del secondo comma dell’art. 26, d.lgs 81/2008, l’appaltatore e il subappaltatore sono tenuti a richiedere al committente il documento di valutazione dei rischi interferenziali e, qualora ricevano risposta negativa, a sopperire personalmente all’individuazione del rischio, collaborando con il committente.

In sostanza, il personale della ditta appaltatrice, ancorché operi autonomamente nell’ambito del luogo di lavoro dell’appaltante, deve essere, a cura di quest’ultimo, posto in condizioni di conoscere preventivamente i rischi cui può andare incontro in quel luogo di lavoro.

Ciò premesso, nel caso di specie, ad avviso della Corte, i giudici di merito hanno correttamente evidenziato che fra la ditta committente e l’appaltatore non vi era stato nessun reale coordinamento in relazione alle modalità più sicure da seguire per lo scarico del silos, essendo stato rimesso inadeguatamente all’iniziativa dell’impiegata amministrativa di Stilsedia di indicare le novità apportate al silos e alla diligenza degli operai de “Il Truciolo” di adeguare le modalità di scarico, senza alcuna valutazione dei rischi ed una precisa direttiva sulle modalità esecutive da osservare e sulle cautele da tenere in caso di difficoltà nell’esecuzione dello scarico.

Cass. pen. sez. IV , – 17:04:2019, n. 27944