Anche l’ultima giurisprudenza del T.a.r. Lombardia, a conferma delle precedenti statuizioni degli altri organi di giustizia amministrativa, ha affermato il principio secondo cui l’applicazione del canone non ricognitorio, di cui all’art. 27 del D.lgs. 285/1992, è legittima ove sussista l’ineludibile presupposto dell’occupazione o comunque dell’uso della strada che ne pregiudichi in tutto o in parte l’utilizzo da parte della collettività.

L’imposizione del canone è pertanto ammessa solo se consegue a una limitazione o modulazione della possibilità del suo tipico utilizzo pubblico, e non invece a fronte di tipologie e modalità di utilizzo che non ne precludono ordinariamente la generale fruizione, come nell’ipotesi della posa di cavi e tubi interrati (tale è il caso di specie): per tali impianti, l’imposizione di un canone non ricognitorio si giustifica nell’intervallo durante il quale le lavorazioni di posa e realizzazione dell’infrastruttura a rete impediscono la piena fruizione della sede stradale, mentre ne manca la ragione in difetto di tale occupazione esclusiva, cioè quando la presenza in loco dell’infrastruttura di servizio a rete non riduce la pubblica fruizione della sede stradale.

Pertanto, nel caso di specie, è illegittimo il regolamento impugnato, poiché impone prestazioni generalizzate, individuando tariffe unitarie per il calcolo del canone non ricognitorio, senza alcuna considerazione delle caratteristiche specifiche di ciascuna occupazione e senza alcuna valutazione in merito all’eventuale sottrazione della risorsa viaria all’uso da parte della collettività, requisito invece indispensabile ai fini dell’esigibilità dell’onere in esame.

T.a.r Lombardia, Sez. IV, 5 dicembre 2019, n. 2597